L’importanza della crioterapia durante la somministrazione di Melphalan condizionante ASCT: l’utilizzo del gelato come pratica efficace, gradevole e sicura
Come già noto a molti, la crioterapia al cavo orale durante l’infusione di Melphalan di condizionamento al Trapianto autologo di CSE, è in grado di ridurre significativamente l’insorgenza o la gravità della successiva mucosite.
Questo interessante studio polacco, oltre a validare scientificamente l’utilità della crioterapia in questo ambito, ci propone come forma alternativa ai mal tollerati cubetti di ghiaccio, del semplice gelato commerciale, molto più gradito agli assistiti, ne migliora la loro compliance e di conseguenza, gli outcomes in termini di efficacia.
Il trapianto autologo è parte della terapia standard del Mieloma Multiplo e di altre patologie ematologiche e non.
La mucosite orale (OM) è uno dei più comuni effetti collaterali ed è descritto dai pazienti come uno dei più deterioranti e impattanti la loro qualità di vita; rende spesso necessario l’avvio di nutrizione artificiale, oppioidi e derivati endovena e aumenta il rischio di sepsi in fase citopenica.
L’assunzione di cubetti di ghiaccio durante l’infusione di Melphalan svolge effettivamente un’azione di crioprotezione nei confronti della mucosa orale, ma è una pratica poco utilizzata nei centri trapianto, in quanto principalmente mal tollerata dai pazienti.
Un altro metodo utilizzato da alcuni centri, e decisamente più patient-friendly, è la somministrazione di gelati in concomitanza ala somministrazione di Melphalan.
Questo studio osservazione retrospettivo si propone di colmare il gap presente in letteratura.
Lo studio è stato condotto tra il Novembre 2017 e il Dicembre 2020, e sono stati presi in esame 74 pazienti, tutti sottoposti a chemioterapia condizionante pre trapianto autologo con Melphalan (dosaggio 200mg/m^2 o 140mg m^2).
52 pazienti sono stati sottoposti a crioterapia con gelato durante l’infusione di Melphalan, mentre ai restanti 22 non è stata applicata alcuna misura preventiva.
Il gelato utilizzato era del semplice gelato commerciale, venduto nella caffetteria dell’ospedale, somministrato al paziente all’inizio dell’infusione di Melphalan, e richiesta del paziente per tutta la durata della somministrazione.
Dei 74 pazienti totali, 28 (il 37,84%) ha sviluppato mucosite dopo il trapianto.
Dei 52 pazienti sottoposti a crioterapia, 15 (28,85%) hanno comunque sviluppato mucosite orale; mentre nel gruppo dei non sottoposti a profilassi ben 13 su 22 (59,09%) hanno sviluppato mucosite.
Viene successivamente analizzato il grado di mucosite sviluppato dai pazienti dei due gruppi, utilizzando come grading-score quello del CTC-AE (da G0 a G5) e prendendo in considerazione solo il peggior grado di mucosite raggiunto dal paziente durante il ricovero.
Dei 15 pazienti che hanno sviluppato mucosite nonostante la crioterapia, 11 l’hanno sviluppata di Grado G1, 2 di grado G2 e ulteriori 2 di grado G3.
Dei 13 pazienti non sottoposti ad alcuna profilassi crioprotettiva, 4 hanno sviluppato una mucosità di grado G1, 5 di grado G2, 3 di grado G3 e 1 di grado G4.
Il dosaggio di Melphalan non sembra influenzare un maggiore o un minore rischio di sviluppare mucosite (o il suo grado di severità), in relazione all’applicazione o meno della crioterapia profilattica con gelati.
Nella popolazione totale presa in esame solo 3 pazienti hanno necessitato di avvio di nutrizione artificiale, di cui solamente 2 per cause imputabili direttamente alla mucosite (1 paziente mucosite G3 e 1 paziente G4).
L'utilizzo di prodotti di gradevoli, economici e di facile accesso, come possono essere gelati o ghiaccioli, è una modalità sicura ed efficace nel favorire la compliance del paziente nella profilassi della mucosite successiva al condizionamento per trapianto autologo.
I pazienti che assumono gelati come forma di crioprotezione, li assumono più volentieri, per più tempo e in maniera più efficace rispetto a chi assume dei semplici cubetti di ghiaccio.
I pazienti che si sottopongono a crioprofilassi hanno un ridotto rischio di sviluppare mucosite o la sviluppano con un grading CTC-AE inferiore rispetto a coloro che non vi si sottopongono.
In termini di efficacia questo si traduce in una riduzione della durata complessiva del ricovero ospedaliero, riduzione del rischio di dover ricorrere a supporto nutrizionale e in una riduzione del rischio di sviluppare sepsi; con conseguente incremento del benessere del paziente, anche in un'ottica di ottimizzazione di costi/interventi.
Non vi sono dunque motivi per non estendere questa misura preventiva ai nostri contesti ospedalieri, prendendo spunto da quanto fatto dai nostri colleghi polacchi.
Kanate AS, Majhail NS, Savani BN, Bredeson C, Champlin RE, Crawford S, Giralt SA, LeMaistre CF, Marks DI, Omel JL, Orchard PJ, Palmer J, Saber W, Veys PA, Carpenter PA, Hamadani M. Indications for hematopoietic cell transplantation and immune effector cell therapy: guidelines from the American Society for transplantation and cellular therapy. Biol Blood Marrow Transp. 2020;26(7):1247–1256. doi: 10.1016/j.bbmt.2020.03.002.
Sonis ST, Oster G, Fuchs H, Bellm L, Bradford WZ, Edelsberg J, Hayden V, Eilers J, Epstein JB, LeVeque FG, Miller C, Peterson DE, Schubert MM, Spijkervet FK, Horowitz M. Oral mucositis and the clinical and economic outcomes of hematopoietic stem-cell transplantation. J Clin Oncol. 2001;19(8):2201–2205. doi: 10.1200/JCO.2001.19.8.2201.