Riattivazione CMV e riduzione del rischio di relapse: mito o realtà?
In questo studio di registro giapponese, i colleghi del Sol Levante hanno ritrovato un’incidenza ridotta di relapse (20.3% versus 26.4%, P = 0.027) tra i pazienti che hanno riattivato il CMV vs. coloro che non hanno riattivato, su un campione di oltre 1800 pazienti con AML sottoposti a trapianto allogenico, sopravvissuti al +100.
Takenaka K, et al. Biol Blood Marrow Transplant. 2015 Nov;21(11):2008-2016
Un analogo risultato era stato trovato qualche anno fa da uno studio tedesco (El-Maagacli AH, et al, Blood 2011), suscitando molta curiosità sul putativo meccanismo di azione, che resta tuttora sconosciuto, forse almeno in parte dovuto all’ aumento di un sottotipo di cellule NK secernenti IFN-gamma in risposta alla riattivazione CMV, come suggerito dal gruppo di Minneapolis (Foley B, et al. Blood 2012)
Tuttavia, andando a vedere bene i dati del paper in questione, ci accorgiamo che la riattivazione CMV si associa anche ad una aumentata non-relapse mortality (HR: 1.60, 95% CI: 1.18-2.17) ed addirittura mortalità globale (HR: 1.37, 95% CI: 1.11-1.69), annullando, anzi controbilanciando il “vantaggio” sulla relapse.
Questa situazione ricorda un po' la storia dell’effetto della GvHD cronica e di come poi solo le forme limitate siano associate ad un outcome migliore perché le forme severe purtroppo conducono a un eccesso di mortalità, pur “proteggendo” dalla ricaduta. Un’ultima riflessione viene dalla statistica: recidiva e non-relapse mortality sono due eventi competitivi e cioè che si escludono a vicenda; quindi l’effetto “protettivo” della riattivazione CMV sulla ricaduta è reale o è un mito da aumentata non-relapse mortality?
Aspettiamo con ansia nuove conferme cliniche dopo lo studio ancillare del gruppo di Essen e convincenti spiegazioni immunologiche, e nel frattempo ci beviamo un bel thè verde.