Ricostituzione NK dopo il trapianto: per davvero una licence to kill?
Una miglior ricostituzione NK dopo il trapianto correla ad una sopravvivenza più alta: è quello che hanno trovato i colleghi danesi del Rigshospitalet su una serie retrospettiva di 298 adulti
Minculescu L, et al. Biol Blood Marrow Transplant. 2016; 22: 2187-2193
Le cellule natural killer (NK) sono le prime a ricostituire dopo allotrapianto (1) ed il loro ruolo antileucemico è stato dimostrato nel contesto haplo T-depleto (2,3), mentre vi sono evidenze contrastanti nel trapianto da donatore HLA-identico. Quest’analisi retrospettiva monocentrica ha come obiettivo quello di correlare le conte di NK con gli outcome clinici su una serie consecutiva di 298 pazienti adulti, sottoposti a trapianto T-repleto. Qui gli autori per T-repleto intendono l’assenza di T deplezione, sia ex-vivo (come può esserlo la selezione CD34+) che in-vivo (ATG o Campath).
Suddividendo la coorte secondo un cut-off di 150 NK/microL precedentemente individuato (4), un totale di 102 e 196 pazienti sono stati classificati nel gruppo NK30 < 150 ed in quello NK30 > 150, rispettivamente. La sopravvivenza osservata ad 1 anno è stata di 62% e 76% nei 2 gruppi, con un beneficio legato ad una minore TRM nel gruppo di pazienti con NK > 150/microL al giorno +30. In particolare, questo gruppo con miglior ricostituzione NK ha avuto meno infezioni batteriche e virali gravi. Differentemente dal contesto T-depleto, non è stata riscontrata alcuna associazione con la recidiva e l’associazione con la GvHD acuta è affetta da bias (leggere per credere, rimandiamo alla lettura completa dell’articolo).
Questi risultati fanno una bella fotografia di un fenomeno, in assenza di un intervento terapeutico; tuttavia nelle conclusioni gli autori ventilano l’idea (tutt’altro che remota, visti i progressi impressionanti nella terapia cellulare) di una terapia NK post-trapianto somministrata al fine di migliorare l’outcome di questi pazienti. Aspettiamo con fiducia i next steps