Trapianto e targeted therapy: friends or foe?
Qual è l’impatto dello sviluppo di nuovi farmaci sull’attività trapiantologica europea? E’ quanto cerca di analizzare un report dell’EBMT, pubblicato sul numero di febbraio su BMT
Sebbene la sua tossicità si sia ridotta significativamente con gli anni (1), il trapianto, in quanto procedura impegnativa e complessa, spesso viene considerata come una tecnologia terapeutica in concorrenza con le cosiddette “targeted drugs”, molte delle quali sviluppate ed autorizzate negli ultimi anni per varie neoplasie ematologiche. Il presente report si pone l’obiettivo di illustrare il numero di auto- ed allotrapianti nel tempo per le singole patologie, commentando in che modo l’approvazione di nuovi farmaci abbia più o meno influenzato l’attività trapiantologica stessa per le patologie in esame.
Si parte dall’anno 1990 nel quale 143 centri riportavano 4234 trapianti (2), fino all’anno 2014 nel quale i centri erano 656 ed i trapianti oltre 40.000 (3), con un incremento numerico di ben 10 volte. Si parte con la leucemia mieloide cronica e l’imatinib per arrivare più recentemente alla linfatica cronica con i farmaci diretti contro il signaling del B-cell receptor. I dati permettono di delineare due situazioni principali, una in cui il nuovo farmaco si sostituisce al trapianto e l’altra in cui lo stesso migliora le condizioni che permettono poi al paziente di ricevere il trapianto (azione “bridge to transplant”), con effetti opposti sul numero di procedure trapiantologiche osservate.
Il presente report non suggerisce cambi clinici né raccomandazioni nuove; la sua lettura facilita la riflessione sul ruolo che le targeted therapies hanno avuto e che verosimilmente continueranno ad avere nel contesto trapiantologico. Degna di nota la riflessione finale degli autori su investimenti, sviluppo di nuovi farmaci e tecnologie trapiantologiche.